Tratto da:
B. Sforza a C. Simonetta, campo contro Paternopoli 26 novembre 1461, in Dispacci sforzeschi da Napoli, IV, cit., p. 366.
Per avisare vostra magnificentia delle conditione et del vivere nostro di qua, et de le
caristie grande che ci sonno, quella aviso commo nuy comparamo uno pane al bolognino, ( moneta dell’epoca) che quatro il dí non bastano ad una persona, uno ducato la soma (unità di peso dell’epoca) del vino, et sonno vini bruscheti et molto lezeri, et lo tombolo (presumo unità di peso dell’epoca) de l’orzo a quatro carlini, (moneta dell’epoca) che non basta
quatro pasti ad uno cavallo, et uno zuparello (farsetto) da famiglio (servitore/combattente) ducati duy, et uno paro di calce (calzabraghe)da famigli molto grose ducati uno, et ogni cosa piú caro, per modo che non bastarano né arme né cavalli, se ne havessemo bene quatro volte piú che non n’abiamo. Et li hominidarme vendono cavalli, panzere, celate, et perfino alle zornie (giornea) che anno indosso, perché non possano vivare per le grande caristie chi sonno, et per li pochi dinari chi
corrano […]. Li saccomani chi se ne sonno fugiti sonno senza nomero, perché sonno
nudi et domandano calce et scarpe alli loro patroni, et non gli ne possono comperare, puro non gli possono fare le spexe di pane per la pocha inpossibilità che anno, et fanno le vigilie, che non foreno may commandate, et sonno di molti hominidarme chi non n’ano uno famiglio al mondo et non fo may veduta tanta miseria et stremità como è fra nuy sforceschi di qua, et ogniuno è piú arrocito di cavalli, et ne sonno morti assay et quilli che sonno vivi non poriano stare pezo